Ciao lettori e lettrici, vicini e lontani!
Ho concluso la lettura di "Anna Karenina", del grande, incommensurabile Lev Tolstoj.
E un senso di vuoto mi ha pervasa.
Come si può recensire un capolavoro come questo? Non si può, ecco. Si è già detto e scritto tutto, persone molto più autorevoli di me l'hanno analizzato, girato e rigirato e studenti di letteratura hanno scritto saggi migliori di questo articolo. Perché questa è la verità.
Quindi, cercherò di riportarvi la mia opinione ed esperienza.
Prima di tutto l'edizione e-book è stata veramente deludente. Ho preso la Newton&Compton a 0,49€ e devo dire che tra refusi, errori di punteggiatura e formattazione, in alcune parti la lettura è quasi impossibile. Spero che queste parole portino a un miglioramento dell'edizione di uno dei testi fondamentali della letteratura mondiale.
Per tutto il resto c'è Tolstoj. E' incredibile come questo autore sappia penetrare nelle profondità dell'animo umano. Nelle sue parole c'è tutto, amore, odio, orrori, inconfessabili timori e tremori che popolano il nostro io. Le donne in particolar modo sono campo di elezione dell'autore russo. Ricordo ancora con trasporto il ballo di Natascia (Guerra e Pace) e non posso fare altro che paragonarlo, senza alcun timore, a quello di Kitty. In entrambi i casi i moti dell'anima delle giovani fanciulle sono resi con una vividezza che quasi fa spavento, sembra che qualcuno vi abbia spiato nei pensieri più intimi. Tutto il palpitante mondo di aspettative, speranze, paure che agitano un giovane cuore è reso su carta, in parole e l'aria stessa vibra di quelle emozioni.
Kitty, Anna e Dolly, tre donne che rappresentano tre archetipi quasi, la vergine, la donna e l'anziana (anche se Dolly tanto anziana non è, solo che si rinchiude nel mondo della maternità e rifiuta di vivere come donna) e che incarnano i tre volti dell'amore. Ecco, come ho letto recentemente su Dustypagesinwonderland questo non è un libro d'amore, ma oserei dire un libro sull'amore. L'amore arriva alle sue estreme conseguenze, gli amanti qui descritti agiscono come su binari, una rotta su cui non hanno controllo, ma che non possono fare a meno di seguire. E se Kitty si realizza, Anna si rovina e Dolly si rassegna, non è forse per una loro volontà, ma per le qualità intrinseche del proprio amore. Sentimento che non viene idealizzato come forza salvifica, ma che viene sezionato e analizzato attraverso le tre coppie che animano il libro. Non vi aspettate quindi passione, tutto viene narrato, ma poco descritto. Sono i dialoghi a portare avanti gli eventi, attraverso le parole, dette e non dette, Anna viene a perdersi, tra le braccia di Vronskij prima e in se stessa dopo, ma non si tratta e non deve essere letto come un romanzo moderno.
La parte che più mi ha colpita è però d'incredibile modernità. Si tratta del destino della relazione Anna-Vronskij. Carnefici di se stessi, si chiudono in una relazione che non ha sfogo nella società, società ipocrita che prima incoraggia gli amanti, salvo poi rifiutarli come la storia si ufficializza al di là dei rapporti moderati dalla legislazione, cioè il matrimonio. Ma mentre lui continua ad avere una sua vita, ad essere ricevuto e a poter avere frequentazioni sociali, Anna non può e si totalizza nella relazione con l'amante. Lo rende il suo unico scopo di vita, lo pone al centro della propria esistenza, che si appiattisce e da essere poliedrico (sebbene infelice) si abbandona sempre più al ruolo di amante, precaria a vita e pertanto continuamente alla ricerca dell'eterna seduzione degli uomini, senza la quale la propria vita perde senso. Diviene di fatto una mantenuta e questa situazione distrugge quella donna che tanto aveva affascinato Vronskij, il quale non può staccarsi, vuoi per barlumi di sentimento, vuoi per senso di rispetto e terrore per ciò che loro due hanno compiuto. Verso la fine del romanzo si sente un po' il giudizio dell'autore, non bigotto, ma pieno di compassione e pietà, anche se si prelude a quella crisi spirituale che porterà a Redenzione.
Il capitolo della morte di Anna è un capolavoro. Come in quello del ballo di Kitty, Anna è ancora colei che può creare e distruggere la vita, una macchina che trascina sentimenti e passioni, terrori primordiali e visioni allucinogene. Qui però tutto ha perso prospettiva, parole vuote acquisiscono significato e viceversa, Anna vuole morire ma al tempo stesso no, si butta sotto a un treno e se ne pente nel momento stesso. Muore così, nella confusione mentale, in preda all'oppio ma anche a un vuoto esistenziale che non sa colmare più. La metafora usata nella frase che ne descrive la morte, come se Anna stesse leggendo un libro e improvvisamente viene accecata dalla luce, è qualcosa che porta oltre alle lacrime.
Mi sono chiesta come ho potuto vivere fino ad ora senza questa lettura e come ho potuto far passare così tanto tempo senza rileggere Tolstoj. Ritrovarlo è stato come andare a casa di un vecchio amico.
Nessun commento:
Posta un commento